Mentre Stati Uniti e Russia concordano il cessate il fuoco in Siria, il potere di Raqqa sembra cominciare a scemare.
La conquista di Za’lanah e la prossima caduta di Anadan, rendono sempre più difficili i rifornimenti e l’affiliazione di nuove reclute per il Califfato di al Baghdadi.
Notizie che non fanno altro che confermare quanto detto dal segretario di Stato Usa John Kerry il 2 febbraio a Roma: l’Isis ha perso il 40% del territorio che controllava.
Quello che, però, non era dato ancora sapere era dove e a favore di chi.
Oggi sappiamo che il terreno perso è principalmente in Siria a favore di Bashar al Assad e delle milizie curde siriane, alleate di Washington e Damasco.
A determinare questo esito c’ ha pensato la Russia con spietati ed efferati bombardamenti che, in poche settimane, si sono dimostrati più efficaci di quelli degli alleati.
Il quadro strategico sembra sia ben diverso da quello auspicato dall’Occidente e dal suo lavoro diplomatico. Infatti, oggi la prospettiva di una Siria senza Assad pare più lontana che mai. Il fallimento del processo di pace di Ginevra sta spingendo perfino Ankara a riflettere sull’invasione del Nord della Siria, magari con l’aiuto delle forze saudite.
Una pazza ipotesi che comporterebbe il confronto tra russi e turchi e tra iraniani e sauditi, che inoltre metterebbe la Nato in una scomoda posizione, e potrebbe portare Israele ad agire contro gli Hezbollah.
A breve quindi assisteremo ad un’importante evoluzione storica : una probabile sconfitta del Califfato porterebbe ad un allargamento del conflitto con il coinvolgimento della Russia e di Israele, l’Occidente sarà bloccato dai suoi dilemmi e dai suoi buoni propositi, e la Cina appoggerà sempre di più l’Iran e le forze Hezbollah.